Il protocollo di Kioto

Lo scorso Ottobre, anche la Russia ha ratificato il Protocollo di Kioto, aprendo quindi la strada all’attuazione di una serie di processi che porteranno ad una progressiva riduzione dei gas serra nel mondo. Quando l’ONU a Rio de Janeiro (1992) aveva organizzato la prima conferenza mondiale sullo sviluppo sostenibile sembrava che affrontare a scala globale il pericolo dell’inquinamento, fosse improponibile. In quell’occasione fu redatta l’Agenda 21, un piano di azione, suddiviso in 40 capitoli, che aveva come obiettivo di iniziare un cammino per limitare la concentrazione di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera, in quanto l’aumento incontrollato provocherà un innalzamento della temperatura terrestre. A questo summit ne seguono altri. Berlino (1995)  convocato con lo scopo di valutare l’adeguatezza degli impegni esistenti e di prospettare nuove misure per raggiungere gli obiettivi prefissati. Purtroppo, l’alleanza tra compagnie energetiche e i paesi esportatori di petrolio, riuscì a bloccare qualunque decisione significativa. Ginevra (1996) che ha permesso di fare importanti passi avanti soprattutto riguardo la rimozione da parte degli Usa di alcuni vincoli che avevano impedito un buon esito della Conferenza di Berlino. Infine, Kioto (1997), di fondamentale importanza per la stesura del “Protocollo di Kyoto”, che stabilisce la riduzione entro il 2008-2012 dell’emissione mondiale di CO2 del 5.2% rispetto alle emissioni del 1990, individuando quote massime di emissione per tutti i paesi Ocse e dell’ex-URSS (responsabili dell’80% dell’attuale effetto serra), mentre rimanda a una seconda fase i vincoli per i paesi in via di sviluppo. Il protocollo (che prevede prima la firma e poi la ratifica) non è stato firmato dagli USA (responsabili, da soli, del 24% delle emissioni mondiali). Ma Kioto per poter essere attuato doveva essere ratificato da parte di 55 paesi, responsabili, in totale, di almeno il 52% delle emissioni mondiali. Oggi, finalmente grazie alla Russia, Kioto è realtà.

 

Come sappiamo, la Convenzione sui Cambiamenti del Clima, sottoscritta da 188 diversi paesi, ha preso atto che il sistema climatico planetario sta cambiando e che, con buona probabilità, un fattore di cambiamento risiede nelle attività umane. In particolare nell’uso dei combustibili fossili e nell’incessante deforestazione. Se l’opera umana continuerà, entro questo secolo, sostengono gli scienziati, la temperatura media del pianeta potrebbe aumentare di un valore compreso tra 1,8 e 5,4 °C.

Il Protocollo di Kyoto ha cercato di dare il primo, timidissimo, corpo a questo formale ma etereo impegno. In pratica, i paesi industrializzati dovrebbero ridurre, in media, del 5% entro il 2012 le emissioni di anidride carbonica rispetto al livello di riferimento del 1990. È poca cosa. Gli scienziati ritengono che, per evitare il previsto aumento della temperatura media planetaria, occorrerebbe che il taglio fosse almeno di un ordine di grandezza superiore e superasse il 50% rispetto ai livelli del 1990. Tuttavia, al di là del suo limitato significato tecnico, il Protocollo di Kyoto ha un forte significato politico. Misura la volontà di procedere nella direzione di risolvere il maggiore dei problemi ambientali globali sul tappeto.

Bene questo indicatore politico è stato messo in crisi trenta mesi fa dall’Amministrazione Bush, che ha deciso il ritiro degli Stati Uniti dal Protocollo di Kyoto. Il messaggio di Washington è chiaro: non crediamo nelle politiche multilaterali di governo dei problemi globali, anche quando riconosciamo che quei problemi esistono. gli Usa non sono solo i massimi inquinatori del pianeta, sono anche la maggiore potenza politica, economica e militare del pianeta.

Due anni fa a Marrakesh è stato deciso che i diritti a inquinare possono essere venduti. E poiché la Russia vanta molti crediti inquinanti, li ha messi sul mercato. Io ratifico il Protocollo se qualcuno acquista il mio diritto a inquinare, sostiene Mosca. L’Europa è disponibile ad acquistare quei crediti a costo di mercato, cioè pagandoli 10.