La condanna della Commissione Grandi Rischi

 I terremoti non si possono prevedere (Commissione grandi rischi) 

leggo sui quotidiani nazionali della condanna della Commissione Grandi Rischi e come geologo strutturale non posso che rimanere sorpreso di quanto accade. È ovvio che quando si verifica un evento catastrofico dove muoiono decine di persone, non si può che rimanere sgomenti e ci si chiede cosa si sarebbe potuto fare. Non entro nelle discussioni relative alla costruzioni degli edifici che devono essere in grado, a mio giudizio, di resistere a forti terremoti ma mi permetto, come geologo, di ricordare alcuni aspetti dello stato della ricerca sui terremoti e di come questa sia ancora molto lontana dalla previsione certa.
L’Italia è considerata una zona sismica in quanto è soggetta a forze compressive che agiscono tra l’Africa e l’Europa, con movimenti e raccorciamenti continui di qualche millimetro l’anno. È evidente che il movimento delle due placche (africana ed europea) si manifesta attraverso l’accumulo e il rilascio di grandi quantità di energia (terremoto), tanto che ogni giorno vengono registrati decine di terremoti, con una magnitudo sempre inferiore a 2 della scala Richter (INGV- Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia).
La domanda che ci si pone e se i terremoti sono prevedibili e se esistono dei fenomeni precursori. La risposta è purtroppo scontata: i terremoti non possono essere previsti. Tra le informazioni più significative che vengono utilizzate, sono quelle relative agli studi statistici che ci permettono di riconoscere le aree dove si potrà verificare un terremoto catastrofico e che coincidono ovviamente con quelle dove si è già verificato in passato, ma che avrà tempi di ritorno dell’ordine del centinaio di anni.
La ricerca continua e molti scienziati si stanno prodigando per capire se esistono fenomeni precursori e come possono essere utilizzati per prevedere i terremoti. A tal proposito tra gli studi più recenti ricordo quelli che vanno a monitorare l’emissione di due gas (il Radon e l’Argon), lungo le grandi fratture (faglie) della Terra. Si è, infatti, sempre registrato un aumento consistente della quantità di emissioni di questi gas in coincidenza di terremoti. Ad oggi, però, non esiste un correlazione certa tra quantità di gas emesso e l’ora del terremoto. Tra gli altri precursori sono da ricordare: l’aumento dell’attività sismica, che non sempre può essere messa in relazione con un terremoto catastrofico, la variazione del livello delle acque di falda che si misura nei pozzi e le deformazioni e rigonfiamenti del suolo. Anche in questo caso, non esiste nessuna relazione tra i fenomeni precursori e il momento in cui si scatena un terremoto distruttivo.
Le domande che bisogna invece porsi sono quelle relative alle modalità costruttive in un Paese dove l’attività sismica è elevata. Sorprende scoprire che alcune costruzioni in cemento armato tendono a sbriciolarsi invece che dissipare l’energia e si rimane sgomenti nel vedere che le coperture di alcuni capannoni crollano solo perché manca un “chiodo” dal costo di pochi euro.
Dobbiamo prendere coscienza che bisogna costruire edifici capaci di resistere anche a forti eventi sismici e dobbiamo utilizzare quelle tecniche costruttive ormai note in tutto il mondo e che garantiscono una eccellente stabilità e resistenza, anche in aree dove si sono verificati terremoti catastrofici: il Giappone e gli USA sono alcuni esempi.
Dopo aver messo in atto queste semplici e poche regole, sarebbe d’obbligo perseguire chi, non rispettando le norme, mette a rischio la sicurezza di noi tutti.