Unione Europea: prove di aggregazione

La scorsa settimana con la firma dei capi di stato e di governo dei 25 paesi che costituiscono l’Unione Europea si è concretizzato uno dei più grandi sogni della storia europea, ideato e portato avanti da alcuni dei più grandi statisti del secolo scorso: De Gasperi, Schuman, Adenauer e Churchill. Gli anni cinquanta furono cruciali per far ripartire l’Europa sia sul piano politico che industriale. La nascita della CECA (comunità europea del carbone e dell’acciaio) ha rappresentato il primo passo dell’Europa unita, che si è concretizzato con la firma della Costituzione europea, redatta dall’assemblea presieduta dal francese Giscard d’Estaing, in 17 mesi di intenso lavoro e di accurata mediazione. Questo Trattato che dovrebbe entrare in vigore dal 2007, si articola in quattro parti: la prima contiene le disposizioni che definiscono l’Unione, i suoi obiettivi, le sue competenze e le sue istituzioni; la seconda parte incorpora la Carta dei diritti fondamentali; la terza riguarda le politiche e il funzionamento della UE; la quarta, infine, contiene le clausole finali.

Non tutti sono contenti e d’accordo sul testo finale, ma possiamo affermare che è un fatto positivo in quanto avremo il Presidente degli Esteri dell’Unione Europea, preludio per una politica comune e il Presidente del Consiglio europeo.

I numerosi veti posti da alcuni paesi hanno in parte modificato il Trattato iniziale, per cui è stata necessaria una lunga mediazione in merito al tipo di voto, alla Commissione, al diritto di veto e alle radici cristiane. Il primo punto di disaccordo era legato al voto nel Consiglio dei ministri a partire del 2009, e dopo tante discussioni è stato trovato un equilibrio contorto, in quanto una decisione è ritenuta valida  solo se ottiene il 55% degli Stati, purché rappresenti almeno il 65% della popolazione europea ed il gruppo di maggioranza deve essere formato da almeno 15 paesi. Infine, viene introdotto il concetto di “minoranza di blocco” che deve essere costituita da non meno di 4 stati. Questo per evitare che ad esempio la Germania, la Francia e la Gran Bretagna, rappresentando il 35% della popolazione, possano bocciare una delibera proposta dagli altri paesi. Il secondo punto si riferisce alla Commissione europea che sarà composta da 27 componenti fino al 2014, uno per ogni paese (incluse Romania e Bulgaria), mentre dal 2015 il numero scenderà a soli due terzi di tutti gli Stati membri.

Il terzo punto si riferisce al potere di veto che è stato richiesto dalla Gran Bretagna solo su alcuni settori importanti, come il fisco e il bilancio. E’ certamente un passo indietro per la Commissione europea che non potrà più svolgere con la stessa attenzione, il controllo sul Patto di stabilità dei vari stati membri, e l’Ecofin, potrà opporsi in tutti i modi alla richiesta di sanzioni da parte della Commissione. L’ultimo punto, infine, si riferisce alle Radici Cristiane. Malgrado il grande lavoro di mediazione svolto da Polonia ed Italia, nella Costituzione non vi sarà il riferimento alle “radici giudaico-cristiane”, anche se vi sarà comunque un richiamo “all’ispirazione ricavata dall’eredità culturale, religiosa ed umanistica dell’Europa”.  E’ ormai chiaro che la posizione contraria è venuta dalla Francia, dal Belgio, dalla Finlandia e dalla Svezia. Il Papa aveva più volte richiesto che nella Costituzione venissero indicate le radici cristiane, ma le sue parole sono rimaste inascoltate.

Ma la firma del Trattato non ha sancito l’attuazione e messo la parola fine questo processo; infatti la Costituzione deve essere prima ratificata dai vari paesi e se ad esempio la Gran Bretagna votasse contro la Costituzione, si rischierebbe un effetto domino in tutta l’Unione Europea, con il rischio di bloccare il processo di unificazione politica, che rappresenta l’obiettivo principale della Costituzione.